AREZZO FIERA ANTIQUARIA
Cari lettori,
credo tutti noi quando diciamo ''Arezzo'', pensiamo subito alla fiera antiquaria, un emblema di questa città che vorrei condividere con voi esclusivamente a scopo informativo, pubblicando un itinerario che ho consultato sul sito visitarezzo e che riporto qui sotto.
Alla scoperta della Fiera Antiquaria di Arezzo e della Casa Museo Ivan Bruschi.
Arezzo è conosciuta in tutto il mondo grazie ad una delle più importanti fiere dell'antiquariato. Infatti la Fiera Antiquaria di Arezzo si tiene dal 1968. Da allora ha luogo ogni prima domenica del mese e sabato precedente. Alla manifestazione affluiscono visitatori italiani e stranieri, commercianti, appassionati, collezionisti e studiosi. Come suggerisce il nome i venditori, provenienti da tutta Italia, vendono oggetti antichi e importanti pezzi di antiquariato. Si svolge in Piazza Grande e nelle vie del centro storico.
L'affermazione nel tempo della manifestazione ha fatto si che, a fianco dell'esposizione all'aperto, crescesse il numero degli antiquari, da mostre di grande tradizione a botteghe antiquarie la cui impostazione rispecchia ancora in molti casi la stessa eterogeneità che si trova nella fiera antiquaria dove mobili, dipinti e oggettistica, diversissimi tra loro, non solo per epoca ma anche per qualità, sono mescolati in modo “disordinato” lasciando al visitatore il piacere della scoperta.
La paternità di questo importante evento, è da attribuirsi a Ivan Bruschi, eclettico collezionista. Oggi è possibile visitare quella che è stata la sua dimora, adesso allestita a museo.
Per volontà di Ivan Bruschi la sede dell’omonima Fondazione è posta nel Palazzo del Capitano del Popolo, uno degli edifici civili del primo trecento più eleganti di Arezzo, restaurato per l’intervento di Banca Etruria. Ubicato davanti alla famosa Pieve romanica di S. Maria, nella parte alta della città storica dove sono conservate le memorie più insigni e le sedi secolari delle autorità cittadine, il Palazzo del Capitano deve probabilmente il suo nome dall'essere stato la sede della Parte Guelfa di Arezzo e forse del Capitano di Giustizia. Già casa dei Lodomei, l'edificio fu poi proprietà dei Camaiani, la famiglia guelfa che ne venne in possesso nel '300. Viene indicato anche come Palazzo della Zecca poiché, come risulta dai documenti, all'inizio del XIV secolo divenne per un periodo la residenza degli Ufficiali di Gabella e nel XV sec. degli Ufficiali pubblici fiorentini.
L'origine del Palazzo risale al secolo XIII quando venne costruito su un edificio ancora più antico. La storia del Palazzo del Capitano del Popolo è in parte raccontata dagli stemmi posti sulla facciata dell'edificio. Quelli ancora leggibili, inseriti nella facciata a rompere l'ordine originario della tessitura muraria, raffigurano gli emblemi del Comune di Arezzo (croce d'oro in campo rosso), della famiglia Camaiani (fondo turchino con una banda d'oro di traverso ed in cima un rastrello rosso con tre gigli d'oro tra i denti) e del Comune di Firenze (il giglio). Se ne deduce che nel '400 l'edificio era già di proprietà del Governo della città e forse solo dopo il 1384, anno della fine dell’indipendenza aretina, vi fu posta la Zecca.
Osservando il Palazzo si può notare ben evidente l’ampia ferita causata dal bombardamento che il 2 dicembre del 1943 colpì gravemente il centro storico di Arezzo: la parte originaria del palazzo è chiaramente riconoscibile da quella riedificata alla fine degli anni ’60 da Ivan Bruschi, nel contesto di un intervento che ha riguardato anche la ricostruzione degli ambienti più interni dell’antico edificio.
La bella e severa facciata del Palazzo è a conci regolari di pietra serena, posti in risalto dalla visione prospettica e dal gioco di luci che le conferisce la singolare posizione sul forte piano inclinato di Via dei Pileati. Le scansioni nette e pulite della struttura determinano la fisionomia architettonica del Palazzo: i quattro portali, di cui uno assai largo, ad arco ribassato al piano terra, la lineare cornice con semplice decorazione, le cinque finestre del piano nobile, che ripetono l’andamento delle aperture terrene, per giungere infine alla piccole finestre ubicate sotto l’ampia gronda, il cui spazio è valorizzato dalla sottolineatura dell’ultimo marcapiano.
L’entrata al Palazzo conferma l’impressione di severità tipicamente toscana e che nella penombra dell’ampio ingresso diviene armoniosa ed austera nobiltà. Le alte pareti, valorizzate da un prezioso lapidario e coperte da volte a crociera su peducci in pietra serena e il gioco volumetrico del corridoio che segue al primo atrio di accesso, conducono al chiostro interno in stile quattrocentesco, ravvivato al centro da un antico pozzo e da una loggia con colonne in pietra serena dai pregevoli capitelli a foglie di acanto. Seguendo il percorso prospettico del piano terra, definito in lontananza dallo sorgente luminosa del secondo cortile, si accede ad ampie sale coperte a volte. Eleganti e sempre connotati da austerità i saloni del primo piano in cui si possono ammirare i soffitti lignei ben conservati e dalle cui finestre si ha un’insolita e straordinaria visione della facciata romanica della Pieve. La presenza nei diversi ambienti di portali, mensole e camini in pietra serena ricorda la struttura quattrocentesca dell'immobile, in cui Ivan Bruschi dimorò fino alla sua scomparsa.
I materiali della collezione Bruschi sono stati raggruppati per l’esposizione in varie sezioni sulla base di criteri topografici, cronologici e tipologici. Di particolare importanza è la raccolta archeologica, che comprende oggetti di varia cronologia, dalla preistoria fino alla tarda antichità; ad essa appartiene anche un piccolo nucleo di manufatti di provenienza egiziana, databili all’Epoca Tarda (VII sec. a.C.). Relativamente alla fase medievale sono presenti una serie cospicua di ceramiche, prevalentemente di produzione centro-italica, sculture, epigrafi e gioielli. Numericamente rilevanti sono le sezioni di porcellane e ceramiche, vetri, sculture, armi, pitture, tessuti, oreficerie, mobili, arnesi e attrezzi di lavoro e un piccolo nucleo di strumenti musicali databili dalla fine del XV sec. ai nostri giorni. Si segnalano inoltre una raccolta numismatica di oltre 4000 pezzi, rappresentativi di tutte le epoche e un fondo librario con diverse cinquecentine. L’interesse eclettico di Bruschi è testimoniato anche dalla presenza di materiali di provenienza extraeuropea e in particolare africana, orientale e centro americana.